lunedì 11 gennaio 2010

Ministro Bondi: "affidare gli incarichi regionali a persone moralmente e politicamente integerrime"




"Rosarno simbolo fallimentare della sinistra"

di Felice Manti

Il ministro Bondi: "Per anni il Mezzogiorno è stato la questione privilegiata dai democratici All’inizio dei mandati i governatori Pd avevano suscitato molte speranze. Ecco perché il flop è ancora più clamoroso"
«Dietro ai fatti di Rosarno c’è tutto il fallimento del centrosinistra al Sud». Il ministro della Cultura e coordinatore Pdl Sandro Bondi osserva preoccupato in tv le immagini degli scontri tra immigrati e forze dell’ordine.

L’emergenza di Rosarno e, prima ancora, la bomba alla Procura generale di Reggio Calabria hanno riproposto nuovamente l’allarme sul Mezzogiorno.
«Quello che è avvenuto a Rosarno è il risultato della confluenza di due fenomeni distinti: il primo è il degrado legato all’immigrazione incontrollata, il secondo è il degrado di una realtà sociale profondamente malata e pesantemente condizionata dalla criminalità organizzata. Questi due fenomeni hanno avuto una lunga incubazione prima di manifestarsi con gli effetti che abbiamo visto. Per questo le soluzioni non sono semplici e immediate. Si può e si deve imporre subito la cessazione delle violenze e riportare l’ordine pubblico. Ma sarà molto più difficile e ci vorrà molto più tempo per intervenire sulle cause del degrado, non solo della crisi, che investe molte regioni del Sud».

Quanto pesano nel malessere del Mezzogiorno gli sfasci prodotti dalle amministrazioni Loiero, Bassolino e Vendola, travolte dalle inchieste giudiziarie?
«Nel Mezzogiorno si è verificato il fallimento più clamoroso della sinistra. Tanto più significativo in quanto proprio la questione del Mezzogiorno è stata per lungo tempo la questione privilegiata della politica della sinistra italiana. Bassolino in particolare aveva suscitato all’inizio del suo mandato molte speranze. Per questo il suo fallimento è stato l’emblema della sconfitta della sinistra».

All’ordine del giorno c’è la composizione delle liste Pdl alle Regionali 2010 in Calabria dopo l’allarme lanciato dalla parlamentare Pdl Angela Napoli ad «Annozero».
«Il problema esiste e riguarda tutti i partiti, senza alcuna distinzione. Perciò i dirigenti dei partiti a livello nazionale hanno grandi responsabilità: innanzitutto nell’affidare gli incarichi regionali a persone moralmente e politicamente integerrime, e in secondo luogo nel sovrintendere e nel controllare continuamente affinché i candidati alle elezioni locali, e più in generale ad incarichi pubblici, siano persone oneste e competenti. I partiti devono rinnovarsi per divenire gli artefici del cambiamento».

L’opposizione accusa il governo di razzismo, Casini dice che lo Stato è morto.
«Queste reazioni sono sbagliate e indicano il rischio della strumentalizzazione politica di questi avvenimenti. In questo modo non si verrà a capo di niente. In realtà questa vicenda conferma la necessità di una classe dirigente nazionale capace di mettere da parte le polemichette politiche quotidiane per farsi carico con serietà dei problemi generali del Paese. I problemi sono così gravi in alcune regioni del Sud che occorrerebbe rivolgere un appello a tutte le forze sane esistenti per un piano di emergenza e di rinascita del Sud».

Nonostante l’azione del governo e della magistratura, sembra ancora che la ’ndrangheta sia l’organizzazione criminale più potente al mondo. Che cosa si può fare per fermarla?
«Occorre lo stesso impegno determinato e prolungato che ha consentito nel corso degli anni di smantellare il potere della mafia. Le prime decisioni annunciate dal ministro degli Interni e da quello della Giustizia vanno in questa direzione».

Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, è il candidato Pdl in Calabria. Cosa serve alla classe dirigente del Sud per riemergere?
«In qualità di sindaco di Reggio Calabria Scopelliti ha dimostrato doti di competenza e di onestà che saprà mettere al servizio del governo della Regione. Certo non dovrà essere lasciato solo in questo compito. Dovrà essere sostenuto da tutte le forze politiche e dal governo in particolare, perché come ho detto il compito che ha di fronte è davvero difficile e gravoso».
Il premier Silvio Berlusconi ha detto che il 2010 sarà l’anno delle riforme. C’è il clima giusto?
«Dopo l’atto di violenza contro il presidente Berlusconi, tutti, tranne Di Pietro, hanno preso coscienza della necessità di abbandonare un clima di esasperata conflittualità politica e di ricercare la possibilità di un lavoro comune sulle riforme istituzionali e della giustizia. Si tratta indubbiamente di un sentiero stretto e difficile. Più volte abbiamo fallito. Ma oggi l’errore più grande che non dobbiamo commettere sarebbe quello di abbandonare questo tentativo e di tornare tranquillamente al solito copione vetusto della contrapposizione. Le condizioni ci sono. Il nuovo segretario dei Ds, Pierluigi Bersani, ha dato prova di serietà e responsabilità. Abbiamo un presidente della Repubblica che incoraggia questo percorso. E il presidente del Consiglio Berlusconi ha detto già nel 2001, all’atto dell’insediamento del suo governo, che uno dei suoi obiettivi era quello della pacificazione politica e delle riforme».

Uno dei temi caldi è la giustizia e i rapporti tra politica e magistratura. È possibile in Parlamento sciogliere definitivamente questo nodo?
«Vi è ormai un’ampia convergenza fra le forze politiche sull’esistenza di un problema che riguarda l’equilibrio fra i poteri e gli ordini dello Stato, in particolare fra la sovranità del Parlamento e l’amministrazione della magistratura. Se c’è la volontà di aprire un confronto, le soluzioni concrete si possono trovare. Noi non vogliamo imporre determinate soluzioni. Siamo aperti a punti di compromesso con l’opposizione, a patto che si trovi un rimedio ad un problema che tutti riconoscono vi sia. Per ultimo la vicenda di Ottaviano Del Turco credo abbia fatto capire a tutti, tranne naturalmente a Di Pietro, che sia necessario impedire che la volontà espressa democraticamente dagli elettori venga di fatto abrogata da iniziative giudiziarie infondate. Sempre di più ci si chiede inoltre: “Chi risponde degli errori e delle sofferenze che da questi errori conseguono?”».

Il Cavaliere sembra determinato ad approvare anche la riforma fiscale, con le due aliquote. Ora che nella maggioranza non c'è più chi rema contro, come accadde nel 2005 con l’Udc, pensa che ci siano margini per riuscirci?
«Mi sembra proprio di sì. Vi è nella maggioranza di governo un’ampia condivisione della necessità di varare questa riforma. E il prestigio del ministro Tremonti è una garanzia per tutti».

Le fibrillazioni interne al Pdl tra finiani e azzurri sembrano essere finite. Come sono oggi i rapporti tra Fini e il Cavaliere?
«La collaborazione tra Berlusconi e Fini data ormai da quasi vent’anni. Sempre all’insegna dell’amicizia e della lealtà. Non ho dubbi che sarà così anche per il futuro. Entrambi hanno dato vita ad un progetto di valore storico. Ci possono essere distinguo o valutazioni diverse su alcune questioni, ma non sulla direzione di marcia e sulla volontà di rafforzare un partito che resterà per lungo tempo nella storia del nostro Paese. Su questo sono assolutamente certo. Personalmente ho lavorato nel passato e lavoro anche oggi con spirito di unità e con la coscienza che la politica è paziente tessitura quotidiana di idee e di solidarietà umana».

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