di DARIO CRIPPA
—MONZA—
«QUANDO ho saputo cosa era avvenuto,
sono andata a rileggermi quanto dissi nel 2009 in un convegno a Desio: avevo
anticipato e avevo già allertato tutti; in Brianza c’era una sottovalutazione della
capacità capillare delle famiglie di ’ndrangheta trapiantate al Nord di avviare
sul territorio, approfittando della crisi economica, un’attività di riciclaggio
spaventosa».
Per quasi vent’anni parlamentare nelle file
del centrodestra, a più riprese membro della Commissione
parlamentare antimafia con cui ancora
collabora, Angela Napoli, originaria della Piana di Gioia Tauro in Calabria, ha
sempre combattuto contro la criminalità organizzata.
Capire come si muove la ’ndrangheta non può
prescindere dalla sua esperienza e dalla sua autorevolezza.
«Le stesse tecniche
utilizzate dalle famiglie “madri” calabresi sono all’opera anche qui, ma con modalità
diverse perché, non essendo conosciute, sono riuscite a presentarsi con una
veste perbenista per intrufolarsi negli affari creando addirittura una banca: è
spaventoso».
Angela Napoli ha sempre fatto nomi e
cognomi.
«Anche nel 2008,
quando ero venuta per la prima volta a Monza ospite del vostro giornale, avevo fatto
i nomi: oltre ai Mancuso, avevo detto che in Brianza erano attivi gli Iamonte
di Melito Porto Salvo... bene, in quest’ultima inchiesta è emerso come proprio
gli Iamonte, attraverso Domenico Zema
(ex consigliere comunale a Cesano Maderno, ndr), portassero voti
a Massimo Ponzoni, il braccio destro di Formigoni al Pirellone...»
Infinito, Bagliore, Ulisse, ora Tibet: le
ultime operazioni sembrano stroncare ogni volta i clan, ma la «malapianta» ritira
fuori regolarmente la testa.
«La capacità della ’ndrangheta
è proprio questa: sapersi sempre riorganizzare. I capi delle cosche da un lato
prevedono sempre la propria successione in caso di arresto, dall’altro le nuove
leve sono particolarmente cattive e aggressive, pronte a impossessarsi delle
società attive sul territorio prendendo il posto di chi viene arrestato. E a
guardare bene, i nomi che girano son sempre gli stessi: anche quando sembra che
cambino si tratta di solito di parenti o comunque di affiliati che lavoravano
già nelle cosche individuate dalle forze dell’ordine».
Ci vuole attenzione...
«Mai credere che la
’ndrangheta sia stata sconfitta quando i suoi capi finiscono nelle patrie
galere: i grossi boss continuano a comandare anche dal carcere e hanno la capacità
di garantire i propri successori.
E attenzione: nelle
nuove leve si assiste all’ingresso sempre più frequente di figure femminili.
Una volta le donne
di ’ndrangheta stavano a casa, oggi non più: i tempi e la società sono cambiati anche per la criminalità organizzata calabrese».
Dunque, la ’ndrangheta non è morta, neanche
stavolta...
«Che nessuno si
illuda che la ’ndrangheta al Nord è stata sbaragliata: i suoi affari sono talmente radicati da
camuffarsi sotto forme di legittimità difficili da individuare. Ci vuole una grande capacità investigativa».
La ’ndranghetaè ormai entrata nell’economia.
«In questo momento
di crisi, alla luce di tassi usurari praticati dalla banche per i loro
prestiti, con gli imprenditori che hanno difficoltà ad accedere al credito, la potenzialità
economica della ’ndrangheta è tale da fungere da vera e propria banca
alternativa. La ’ndrangheta è riuscita a inserirsi nell’economia legale e l’imprenditore
in crisi cade nel tranello di chi offre denaro a tassi più convenienti, ma che
pian piano diventano usurari e consentono agli uomini delle cosche di diventare
i veri proprietari delle imprese. Anche se i vecchi titolari delle imprese si
ritrovano a continuare comparire ai vertici delle loro vecchie società, spesso
si tratta ormai di prestanome».
Cosa fare?
Occorre uscire
dalla piaga della corruzione e del malaffare: se imprenditori, istituzioni e
politica lo facessero, si potrebbe abbattere davvero la criminalità
organizzata, che trova vitalità proprio laddove c’è la corruzione. E anche nella
politica la ’ndrangheta riuscirà a penetrare finché ci saranno candidati pronti
a chiedere voti al boss di turno pur di ottenere un risultato elettorale».
Alcune intercettazioni indicano come la ’ndrangheta
stia attenta a non sparare più come un tempo.
«La ’ndrangheta al
Nord è cambiata, non fa più scorrere scie di sangue, è questa la nuova tecnica:
evita di sparare perché in quei casi ne scaturirebbe un maggior controllo da
parte delle forze dell’ordine.
Preferisce dominare
dove è possibile gestire gli affari: la ’ndrangheta dispone di un impero economico
che le deriva dal traffico di droga e che le consente una potenzialità
economica enorme che necessita però di una grande opera di riciclaggio. Non
nella terra madre calabrese, però, ma al Nord, dove l’economia le consente uno
sviluppo diverso».
Si è scoperto che le cosche avevano messo
le mani anche nel calcio.
«In Calabria ci
sono intere squadre, nei campionati minori, in mano alle cosche: garantiscono
consenso sociale e la possibilità di far girare soldi».
In Brianza nessuna delle vittime ha
denunciato.
«Chi non denuncia
deve capire che prima o poi perderà tutto: chi cade anche una sola volta per
paura, sbaglia di grosso».
E all’orizzonte c’è una nuova minaccia...
«Bisogna essere
preoccupati e vigili augurandosi che nessuna forza investigativa, come
purtroppo avvenuto di recente proprio a Vibo Valentia, cada nel tranello di
fiancheggiare le cosche, la nuova strategia della ’ndrangheta».
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