giovedì 17 luglio 2014

L’attacco di Sansonetti a Cafiero De Raho: opportunismo garantito? Angela Napoli: “Così si rischia di isolare i magistrati”

napoliregolo
http://lorasiamonoi.wordpress.com/2014/07/17/lattacco-di-sansonetti-a-cafiero-de-raho-opportunismo-garantito-angela-napoli-cosi-si-rischia-di-isolare-i-magistrati/

Debbo confessare che non leggo e non ho mai aperto dalla sua fondazione il nuovo quotidiano di Sansonetti. Oggi, però, sollecitato dai colleghi e amici di Cosenza che stanno collaborando con me al progetto del nostro giornale, ho visto, inviatomi per e-mail, l’editoriale odierno del direttore de “Il Garantista”: un attacco duro al procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Cafiero De Raho. Che cosa avrebbe fatto il magistrato per meritarsi l’invettiva (copiosa) di Sansonetti? Ha semplicemente dichiarato, riguardo alla vicenda della processione con l’inchino al boss di Oppido Mamertina, che esistono giornalisti coraggiosi i quali denunciano episodi del genere, e altri che invece coprono la verità e che bisogna decidere da che parte stare.
Tanto basta al direttore romano, andato via dalla Calabria scrivendo di esserne rimasto profondamente deluso, per poi tornare a stringervi intese editoriali dopo pochi mesi, per dedurne che Cafiero De Raho avesse voluto attaccare lui o il suo giornale. Troppo astuto lo scrivente perché si pensi a un’excusatio non petita (visto che il magistrato non nomina alcuna testata). Molto più verosimile l’ipotesi che Sansonetti cerchi di fare pubblicità al suo prodotto giocando il ruolo della voce controcorrente, l’intellettuale fuori le riga “de noantri”, come si direbbe nel suo (a)dorato e salottiero contesto capitolino. Ognuno, sia chiaro, può fare il “gioco” che vuole e soprattutto professare ogni opinione. Ma la libertà di pensiero non può esimere dal rispetto verso chi effettivamente conduce, con rischi pesanti e impegno costante, una durissima lotta contro la criminalità organizzata e le sue oscure aderenze nei poteri costituiti della Calabria. Screditare, Cafiero De Raho, ipotizzare che voglia una stampa prona a lui, come avviene in regimi dittatoriali, oltre che grottesco è a mio avviso estremamente pericoloso.
Io ho visto soltanto una volta il procuratore, lo incontrai per pochi minuti nel tribunale di Reggio, quando fui ascoltato dalla Commissione Antimafia dopo l’oscuramento del sito e la sospensione delle pubblicazioni dell’Ora della Calabria. Ma ho imparato ad apprezzarne il rigore e il piglio, quando, poco dopo il mio arrivo, in un intervento sul nostro giornale a proposito del commissariamento dei Comuni sciolti per mafia spiegò che sarebbe necessario prolungarlo non soltanto durante le elezioni ma anche per un certo periodo successivo all’insediamento della nuova amministrazione perché solo così si potrebbe veramente spezzare l’influenza delle cosche. Poi ne ho ascoltato la relazione in occasione della “Gerbera Gialla” in cui illustrò in termini molto chiari in quanti e quali modi si estendano i tentacoli della n’drangheta sul territorio calabrese, spesso favoriti da lobby oscure e infedeli di Stato. Non mi sembra affatto uno che fa crociate, che vuole schiaramenti o che cerca ribalta mediatica, come lascia intendere Sansonetti. Il direttore de “Il Garantista” aggiunge che Cafiero De Raho sarebbe contro la Chiesa ma è un assurdo, perché le esternazioni di papa Francesco e del presidente della Conferenza episcopale calabrese (oggi riunita per parlare proprio di quello che l’Osservatore Romano dopo il caso di Oppido Mamertina ha definito “pervertimento religioso”), monsignor Salvatore Nunnari, vanno nella medesima direzione del magistrato. Bergoglio ha detto con estrema chiarezza a Scalfari che ci sono tanti sacerdoti che sottovalutano l’influenza della mafia e non si levano abbastanza e tutti lo abbiamo letto e sentito.
Ma la superficialità è diffusa, a volte è ingenua, altre no. Può nascere da interessi precisi o dalla semplice vanagloria, oppure essere conseguenza della paura delle ritorsioni. Io credo che correttamente Cafiero De Raho abbia voluto semplicemente richiamare l’intera comunità calabrese, giornalisti e non, a non sottovalutare i mezzi (come le incursioni in pratiche religiose di lunga tradizione) con cui la n’drangheta tende a legittimare la propria supremazia territoriale. Sottovalutare questo aspetto come ha scritto il procuratore significa sul serio favorirne l’azione, consapevolmente o meno. Io l’ho sostenuto più volte, ma non sono nella squadra dei magistrati come sostiene, non senza alterigia, Sansonetti. Né credo lo siano Pollichieni, Musolino, Inserra, tanti altri giornalisti calabresi che sono intervenuti sulla questione di Oppido Mamertina stigmatizzando quell’inaccettabile inchino. Fra questi anche il vicesegretario nazionale e segretario regionale della Federazione nazionale della Stampa, Carlo Parisi, che ha di recente, dopo i sospetti insorti anche sulla processione di San Procopio, ricordato con veemenza quanto siano assurdi gli attacchi ai colleghi che rivelano queste realtà scomode, miranti a farli passare come dei denigratori della Calabria o degli smaniosi di protagonismo. Anche il sindacato dei giornalisti, secondo Sansonetti, scrive sotto… dittatura della magistratura? Perché il direttore è convinto che solo lui sia immune da questa influenza, così com’era convinto quando lasciò l’Ora della Calabria di essere diventato immune dall’influenze delle famiglie potenti della nostra regione e lo annunciò nell’editoriale di congedo, sparando accuse contro il suo ex editore e amico conviviale, Piero Citrigno, che poi invece è andato a salutare prima di lanciare la sua nuova creatura “Il Garantista”.
L’essere concentrati troppo su stessi, sulle proprie idee o sui propri business, a volte distrae da problemi molto seri in una regione come la Calabria. Mentre spiegavo alla Commissione Antimafia dei rapporti insoliti, non rientranti nelle consuete dinamiche delle aziende editoriali, tra Citrigno e De Rose, il nostro stampatore protagonista della telefonata del cinghiale, l’onorevole Dorina Bianchi mi domandò come mai il mio predecessore (Sansonetti, ndr) in tre anni di direzione non avesse ravvisato nulla d’insolito. Risposi che dovevano domandarlo a lui, perché non lo sapevo. Non so se gliel’abbiano mai domandato. Ma so che l’onorevole Bruno Bossio, grande estimatrice di Sansonetti, presentatasi all’audizione nonostante i duri attacchi che mi aveva rivolto (su Facebook e in una lettera inviatami al giornale, in cui cercava di farmi passare come uno che voleva ottenere da lei documenti giudiziari secretati), cercava per tutto il tempo di minimizzare la vicenda che riguarda noi dell’Ora, sostenendo che la sospensione delle pubblicazione fosse unicamente dovuta all’indisponibilità finanziaria dell’editore e non aveva alcuna relazione con il caso Gentile-De Rose. Questo nonostante ci fosse stato oscurato anche il sito, proprio il giorno in cui in un editoriale denunciavo la manovra di far finire la proprietà del giornale nelle mani di De Rose. Per la cronaca il legale di Bilotta, il nostro liquidatore, è quello stesso avvocato Celestino, che difese Adamo, il marito della Bruno Bossio nell’inchiesta “Why not”, e assiste anche i Citrigno: io lo conobbi nel suo studio, accompagnato lì da Alfredo Citrigno, pochi giorni dopo l’Oragate, quando lo stampatore che non aveva mai sollecitato i suoi pagamenti non riscossi, improvvisamente con una lettera che noi pubblicammo chiedeva tutto subito o avrebbe fatto fallire l’azienda.
Forse la drammaticità di quanto i colleghi dell’Ora e io abbiamo vissuto e stiamo vivendo, potrebbe rendermi troppo emotivamente coinvolto.
Per questo, riguardo all’attacco sferrato da Sansonetti contro De Raho, ho pensato di chiedere un parere ad Angela Napoli, ex presidente della Commissione Antimafia e tuttora impegnata in prima linea contro le influenze delle n’urine Ecco la sua valutazione: «Alcuni giorni fa evidenziavo sulla mia pagina Facebook lo stato di preoccupazione che sto vivendo alla luce sia di alcune sentenze giudiziarie sia di alcune cronache giornalistiche, a mio parere, eccessivamente garantiste e, sempre a mio parere, non utili a debellare il fenomeno mafioso ed i suoi collaterali. Oggi sono più che mai convinta che la preoccupazione ha ragione di permanere, ritenendo che sia in atto una “strategia” tendente ad isolare quei pezzi della Magistratura, delle Forze dell’Ordine, delle Istituzioni e della politica che realmente lavorano con coraggio non solo per reprimere la ‘ndrangheta ma anche per aiutare a sradicare quella sub-cultura mafiosa che per anni ha invaso alcuni cittadini calabresi.Ho parlato di “strategia” di isolamento: l’attacco al dottor Gratteri, apparso la scorsa settimana su “Il Garantista” e quello odierno al Procuratore Cafiero De Raho, sempre sullo stesso quotidiano, e che recano la firma del suo direttore responsabile, non possono che apparire, almeno ai miei occhi, ma sicuramente anche a quelli del comune lettore, proprio come tendenti a raggiungere l’obiettivo dell’isolamento. Sono convinta che tale obiettivo non verrà conseguito perché con piacere incomincio a registrare una voglia di riscatto nel cittadino calabrese. Questa voglia non potrà che portare alla rivolta nei confronti di tutti coloro che, dopo aver affossato, in supporto alla ‘ndrangheta, la nostra Calabria, oggi tentano ancora di mantenere a galla il “sistema malato” che sovrasta questa Regione. Ormai la stragrande maggioranza dei cittadini calabresi e’ in grado ed ha la volontà di saper distinguere il “bene” dal “male” e di saper anche quale “autobus” prendere per percorrere la strada della piena legalità».

Nessun commento: